ABSTRACT
Starting from Saint Agostino, the original sin has been considered the source of the innumerable diseases in the world. But such topic has not been broadly explored. For example the words of Jesus : “ When the Holy Spirit will come, it will persuade the world about the sin“ have never really been sufficiently commented, and they are probably referring to the original sin, as already stated by John Paul II in his encyclical Dominum et vivificantem.
In the book “Freeing Love. The common idolatry, the threatening anguish, the Christian salvation”, I have carried out in-depht studies on a theory concerning the original sin: humanity cannot live without love because we have been created according to the divine image, the result of endless love. But, as a matter of fact, humans always end up closing themselves in a relevant circle, linked to the social image, in the “tribe” where each of us lives, even if we believe to be individualist. Instead of finding the source of love in God, humans dramatically search it in the approval of some “essential people” who form the most radical sense of belonging.
As daily reports constantly demonstrate, in order to reach a certain image, each of us is ready to make any kind of sacrifice, of the life itself. In order to feel accepted/ to obtain the approval, one identifies himself with the ideas of the primary group, being convinced that such ideas are winning ideas, ideas to save the world, even if they contain perverted ideologies, as Nazism and communism. Humans can commit horrendous crimes, being convinced to be on the right side, as it happens to terrorists, tormentors, and to perverts of any kind. Sometimes, the need of assent can also bring to great achievements.
God wants the identity consent to be considered only as a consequence of its love for each human being. The person defines itself as a free identity, and as communion of love: to-be-for-itself, to-be-for-others. But if one loses the divine source of love, the belonging is framed within the “tribe”. The performances that make us feeling embraced within the relevant circle, become idols that must be pursued. The classic ones, like Adam and Eve, are the respective roles for men and women, but nowadays women can perform also other roles, beyond the classical ones.
Performances make humans dependent on success and failure, on comparison, on power struggles. In a more or less accentuated way, in each “tribe” there are always some conflicts arising, bringing with themselves slander, envy, falls into a state of depression or anxiety. Original sin really invades all evils affecting the world. As the need of being accepted by a primary group lies in our genome, as also proved by the researches on animals, which always live in a pack, it is possible to guess how the original sin is transmitted to all men.
Animals are always the same, while humans, whose capacity to choose belongs to the soul, can diversify the primary belonging, but cannot live without one. Such statement regarding the original sin, is not among those generally defined as the background malice of human hearts, even if it not possible to exclude it. In the book Liberare l’amore, at page 27, I refer to several hypothesis of interpretation of the original sin in human’s heart. They are only theories, like mine, each of us can develop an idea about them.
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Peccato originale
Studio a fondo il peccato originale nel libro Liberare l’Amore, che parte proprio dal compito dello Spirito Santo di convincere il mondo in quanto al peccato. Per i peccati al plurale non c’è bisogno dello Spirito Santo per convincerci: un furto, un omicidio, ecc, li sappiamo riconoscere con la coscienza e il senso comune. Gesù si riferisce al peccato al singolare, al peccato antico. Giovanni Paolo II lo fa notare nell’Enciclica Dominum et vivificantem. Per uno sguardo più rapido sulla presenza sempre operante del peccato originale, come capovolgimento di amore, riporto alcune pagine del libro Nuova evangelizzazione e comunione primaria in parrocchia:
Riprendo dal mio libro Saper di Amore. Distinguere nel cristianesimo fede da religione, Ed. Ares, Milano 2013, alcuni paragrafi sul peccato originale, con pochi adattamenti. Per capire la profondità del bisogno di amore è indispensabile vederne in controluce la deformazione. Occorre cogliere la presenza di una distorsione profonda, peccato originale, che confonde proprio il bisogno di assoluto che vi è nel cuore umano. Confonde, non elimina. Se non si apre a Dio l’uomo si attesta sempre su un valore idolatrico che lo unisce ad altri uomini (anche quelli che si dichiarano atei) in una configurazione religioso-idolatrica. L’uomo è religioso per natura e pertanto, nel peccato, cerca amore non più da Dio ma dagli uomini che lo circondano, in un consesso sociale che offre senso alla vita, importanza presso altri. Benedetto XVI parlava molto di relativismo e di mancanza di verità; ma a volte parlava di «dittatura del relativismo»; ora, una dittatura implica un legame sociale forte, dove il relativista cerca di imporre il suo credo. Come dire che il relativismo in realtà non esiste, ma è una bandiera che copre la ricerca spasmodica di potere, di autoaffermazione, ma presso gli altri, in modo «religioso»! Quando uno ha un’idea, anche quella che afferma il relativista, si ritrova un vero potere su altri uomini, carico di assoluto. Non accetta contraddizioni e se prevale culturalmente diventa dittatura per chi subisce quel potere culturale. Chi segue il relativista entra in quella «chiesa» e le idee che li uniscono sono accettate in modo dogmatico, esattamente come per il fondamentalismo religioso: nessuno può dire che i terroristi islamici sono costretti a fare quello che fanno, eppure fanno cose aberranti sotto un’egida religiosa. Lo stesso accade a chi non si apre alla rivelazione dell’amore, anche se con contenuti più gentili. È molto facile scoprire i loro riti, le loro prediche, i loro dogmi, i loro comandamenti morali, le loro chiese di riunione… I più rigidi dogmatici sono quelli che negano nel modo più assoluto (dogmatico!) la possibilità dell’esistenza di qualche dogma come espressione di qualche verità oggettiva, definita per il bene comune e la comprensione reciproca. Oggi pullulano le censure dei relativisti, dei movimenti omosessuali, degli ecologisti ideologici, ecc. Non è una questione di ragione, ma di cuore. È fondamentale capire che la religiosità è di tutti, anche se si cristallizza in mille forme distinte. Come diceva Chesterton, «non credono in Dio e diventano creduloni», ricorrendo a fattucchiere, oroscopi, new age, santoni di tutti i generi1.
Il bisogno di amore, capovolto nel peccato, porta alla ricerca continua, minuziosa, sotterranea o esplosiva, di potere interno al gruppo, di successo, di vittoria nel confronto. René Girard2 lo chiama il principio mimetico, che mimetizza ciascuno nelle immagini apprezzate dentro la propria tribù, pur nei modi più impensabili. Ma proprio da lì nascono le conflittualità interne alla tribù, a tutti i livelli, che la religione cerca di attutire con capri espiatori e sacrifici liturgici. Nel cromosoma c’è il bisogno di riconoscimento e in questo bisogno si annida il peccato originale, e pertanto è da lì che si trasmette. Il peccato, di cui solo lo Spirito Santo può convincerci (cfr Gv 16, 8-9) e che pertanto non è da confondersi con i peccati al plurale, infrazioni alla legge ed ai comandamenti (Giovanni Paolo II nella Dominum et vivificantem, lo chiama mysterium iniquitatis che sale da profondità abissali: profunditas est homo et cor eius abyssum, Sal 63, 7. Che non sia un discorso pessimistico per Giovanni Paolo II lo si capisce dal fatto che il mysterium pietatis è molto più grande del mysterium iniquitatis3), è proprio abbarbicato sul fatto che cerchiamo amore infinito dagli uomini escludendo Dio, anche se formalmente ci si ritrova in un gruppo religioso, con il bisogno costante di misurare il grado di riconoscimento degli altri4. Gesù spiega che lo Spirito ci convincerà di peccato “perché non credono in me”, non credono nel suo amore in modo sufficiente per colmare il cuore assetato di amore. È talmente radicato il bisogno di essere riconosciuti che alla minima diminuzione di potere interno si cercano capri espiatori, accuse, giustificazioni, alleanze o altro: lotta di potere. Se però l’insuccesso è irrimediabile allora si ha angoscia, depressione, smarrimento dell’io, perché nessuno può dare identità al proprio io senza un riconoscimento di altri. Spesso si scatenano guerre all’esterno che uniscono il clan contro il nemico, ricompattandolo internamente. Conseguenza del peccato originale, facile da rilevare, sono le guerre di religione (più o meno tutte), dove ogni gruppo primario consistente a livello di popolo può giustificare una guerra contro altri popoli, contro altri gruppi primari. Più difficile da capire dentro le famiglie, dove il bisogno di immagine carica di assoluto le prestazioni differenti secondo i ruoli rendendole idolatriche; certe cose che per la moglie sono montagne, cariche di assoluto, per il marito sono sassolini, e viceversa.
Non è difficile vedere proprio in questo bisogno di amore, di tribù, di legame significativo forte (che è del tutto naturale ad ogni uomo), il luogo dove si annida con prepotenza il peccato originale, che porta a cercare solo dagli uomini un amore infinito che ha Dio come fonte. Se vogliamo aiutare Gesù a salvare il mondo con il suo amore, è di fondamentale importanza approfondire i condizionamenti radicali dell’amore, che riescono a capovolgerlo senza che se ne possa fare a meno. Nel passato si parlava di amare Dio (primo comandamento) dando per scontato il dono che rende valido e operabile quel comandamento; oggi si parla molto di più di Dio Padre, e del suo amore gratuito, di misericordia, di dono, che dovrebbe far sorgere la nostra risposta entusiasta e il primo comandamento dell’amore; tuttavia si può constatare che in realtà non dà molti frutti. Ciò è dovuto al fatto che non si è convinti di peccato, del peccato al singolare che spinge l’uomo dal di dentro ad ambire amore dagli uomini, in modo anche spasmodico, fino a dar la vita per qualunque ideale professato in una cerchia esistenziale. Se si capisse bene questo condizionamento sarebbe più facile comprendere la bellezza di un amore più grande che ci libera dalla schiavitù di dipendere dal giudizio degli altri, dai nostri successi o insuccessi.
Parlare dei peccati e dei mali del mondo può portare al pessimismo, senza costrutto, ma lasciarsi convincere dallo Spirito Santo di come siamo peccatori porta ad una grande libertà e gioia, perché ci si apre all’azione della grazia e all’infinita misericordia divina5.
Un giovane più che scegliere si «ritrova scelto» in un gruppo che diventa vitale, primario (rispetto ad altri rapporti secondari, come la scuola o altro). In quel gruppo arriva a giocarsi la vita (non altrimenti si spiegano i kamikaze, la droga e altre aberrazioni o tanti slanci generosissimi). In questo senso il fatto che trovi un gruppo cattolico è di assoluta grazia, di assoluta importanza. Oggi il mondo si riempie di sette, di gruppi spiritualistici, ecc., anche perché troppo spesso le parrocchie non sono state sufficientemente coagulanti. E difatti, con le realtà carismatiche della Chiesa vediamo che migliaia di giovani sanno giocarsi la vita per Cristo. Si tarda a vedere la differenza tra comunione primaria in un gruppo carismatico e secondaria in tante parrocchie; a volte succede perché si fa leva su qualche difetto di chi frequenta un gruppo carismatico, oppure perché si confonde la fede con la religione in modo da accontentarsi di questa. Certamente non basta appartenere ad una comunione primaria per santificarsi, perché ancora alla ricerca di immagine davanti agli uomini. Ma questo non deve gettare pessimismo sulle comunità cristiane, perché solo con una comunione primaria con connotati carismatici, anche se vissuta ancora a livello socio-religioso, si può istradare il cuore verso l’incontro vivo con Cristo. Intanto è fondamentale capire che tutti abbiamo un legame primario che condiziona la mente e le scelte, ed è anche urgente capire come proporre una comunione cristiana radicale in modo da favorire una scelta cosciente e libera.
Nel configurarsi delle varie comunità ne succedono di tutti i colori. Si danno insieme amore e peccato originale. Si stabiliscono sottili (e inconsapevoli) lotte di potere, anche sul positivo. Il cuore si pone mille domande nascoste, con sensibilità estrema: posso reggere il confronto? Godo della stima dei capi? Ho delle prestazioni sufficientemente valutate dentro la mia casa? E loro necessitano delle mie attenzioni e dei miei sacrifici? Soprattutto i capi intermedi sono sottoposti a tensioni delicatissime: devono rispondere ai capi superiori. Altrimenti come si spiegano i nazisti e i comunisti? Ma anche nelle comunità cristiane i capi intermedi sono sottoposti a tensioni di cui non conoscono la genesi profonda. Nell’esercizio della cura pastorale si insinuano profonde inautenticità di cui non si è consapevoli. Solo chi veramente si santifica acquisisce una autenticità che permette di mettere le persone al di sopra di tutti i dinamismi di potere interni al gruppo. Per dinamismi di potere non intendo intenzioni coscienti di aumentare il proprio potere, ma metto tutti i timori nascosti di essere giudicati, di sbagliare, di reggere il confronto. Ciò si dà in tutti, dal primo all’ultimo ed è curato solo dalla santità donata dallo Spirito Santo. E si dà spesso l’idolatria opposta: vedendo stridenze nei capi sorgono i contestatori, che accusano, erigendosi a paladini del vero cristianesimo. Ma ciò divide e tutto ciò che divide viene dal demonio! Solo i santi sanno superare le incomprensioni dei capi senza creare divisione, lasciando operare lo Spirito Santo che unisce i cuori e le lingue oltre le secche dell’idolatria propria del peccato originale. Questo spiega perché, pur essendo creati nell’amore, ad immagine e somiglianza di Dio, pur avendo una natura buona, con le sue valenze di libertà, di unicità personale, di socialità feconda, di amicizia, di laboriosità, di fatto ciò si riesce a leggere solo con fatica, nei mille capovolgimenti dell’ignoranza, del sospetto, della paura, della presunzione, dell’amor proprio (l’espressione dice che si tratta di amore capovolto, che è ciò che caratterizza il peccato), ecc.
Il «con-senso» è molto potente, è un bisogno intrinseco, che risale alla nostra natura ad immagine divina, creata nell’amore. È la radice dello spirito di corpo presente in tutti, anche se spesso in modi quasi invisibili, ma fortissimi comunque. Vale il proverbio napoletano: «Si può anche vivere senza sapere perché si vive, ma non si può vivere senza sapere per chi si vive», solo che questo proverbio ha una profondità abissale che non viene colta dalla sapienza popolare. E neppure le varie teorie psicologiche o sociologiche, o le attuali osservazione sul «branco» dei giovani, penetrano la profondità «divina» del bisogno congenito di amore che è in tutti noi. Il senso della vita è sempre un con-senso, un senso insieme ad altri. Il male prende radici nel gruppo primario e condiziona il pensare e i comportamenti morali. Si arriva a spiegare qualsiasi crimine, che in genere non appare tale a chi lo commette. Come dice Fëdor Dostoevskij: «C’è un vuoto nell’uomo della dimensione di Dio». Tra i cristiani, in genere, il consenso interno alla propria comunità è molto più forte della fede genuina in Gesù (che invece prevale nei santi), e questo porta anche al Cristo lacerato dalla divisione della Chiesa; e ognuno è convinto che la colpa sia delle altre confessioni cristiane6. La partita della vita si gioca tutta qui: sul bene e sul male dell’amore. Ogni confronto con altra religione, con ideologie, col mondo moderno e con le chiese protestanti o con le sette, va fatto a partire da qui!
Ugualmente si deve scomodare il consenso se si vuole capire meglio il senso della sofferenza e come Dio ci vuole salvare attraverso di essa. Si parla sempre più di sofferenza, specie quella dei bambini, per porre ombre addirittura sull’esistenza di Dio. Le risposte, anche dei teologi, spesso sono poco convincenti; si invoca il mistero; si parla giustamente di Gesù che si fa carico delle nostre sofferenze sulla Croce. Ma alla gente poco soddisfa. Soddisfarebbe di più e si aprirebbe una via poderosa alla salvezza che ci procura Gesù Cristo se si ponesse correttamente la questione dell’amore, della sua forza, e del suo incurvarsi sul consenso del proprio gruppo esistenziale. Per quel consenso non si misurano le fatiche e anche le sofferenze, fino alla tortura e alla morte, subita o inflitta al nemico. Occorre aprire gli occhi sul fatto che tutti, per «amore», sono pronti a qualunque sofferenza. Allora sì che si può capire come Gesù ci salva, con un amore più grande, il suo! Tanta gente anche sincera dubita della fede, ma se fossero convinti di peccato, in controluce all’amore, allora tutto si illuminerebbe a giorno, in piena armonia7.
Religione e idolatria si possono rilevare con la ragione; non hanno contenuti soprannaturali di cui solo la fede possa illuminarci. L’accenno all’idolatria non dovrebbe creare problemi a nessuno, neppure agli atei, perché non si può negare il disagio del cuore umano e dei rapporti umani, ad iniziare dall’interno della famiglia per arrivare alle guerre. Si possono usare altre categorie, ma nessuno può evitare il tema dell’inautenticità e del bisogno di salvezza, e cioè di miglioramento della condizione umana. Gli atei naturalmente non penseranno alla religione come cammino di salvezza, però invocheranno altri messianesimi o altre ricette. Il mondo da sempre è afflitto da divisioni profonde dovute all’assolutizzazione di qualche aspetto della realtà che assoluto non è: solo la persona ad immagine divina merita rispetto assoluto! Se metti l’assoluto sulla verità, fai il fondamentalista; se lo metti sulla giustizia compirai i crimini comunisti; se lo metti sulla libertà farai cadere ogni vincolo di amore; se lo metti sull’economia farai mille aberrazioni e soprusi sull’uomo, se lo metti sulla morale farai il moralista insopportabile, se lo metti sulla felicità favorirai l’egoismo presente in tutti. Solo l’amore merita di essere assolutizzato, senza rischi: e con l’amore l’assoluto della persona, ma in relazione, in comunione, nella verità della persona e dei suoi amori o relazioni. Dato il rovesciamento del cuore nel peccato originale (cor incurvatum), con la strumentalizzazione degli altri al proprio potere di immagine, solo l’amore innocente di Cristo può salvare il cuore degli uomini e i loro rapporti all’interno e all’esterno della propria religione.
L’analisi sul peccato da noi fatta nel libro Liberare l’Amore è di fondamentale importanza per tutte le tematiche dell’uomo e per tutti i risvolti della vita. In modo particolare si articola con le immense possibilità della ragione sapienziale che si addentra nel mondo dello spirito umano e della somiglianza divina in cui siamo creati. Il gioco di sapienza, sacralità, trascendenza, e peccato dà luogo alle più svariate forme di religiosità, di ideologie, di misticismo, come la storia dell’umanità mette in mostra. Ma non bisogna lasciarsi ingannare: non c’è una specie di evoluzione che va affinando la religione fino ad arrivare al cristianesimo. Una certa evoluzione dai primitivi al Lógos esiste, ma più che un evolversi del pensiero occorre cogliere il gioco del consenso, che aggruma popoli diversi con dogmatiche diverse. Certamente un’idea nuova ha più forza per creare lo statu nascenti, da cui facilmente nascono nuove religioni o ideologie, ma non per una continua evoluzione culturale, ma per una serie di concause molto diverse tra loro. Si notano molte regressioni; per esempio basti pensare alla regressione del vissuto spirituale dei nazisti rispetto ai buddisti, che vengono da lontana antichità. Ogni comunità si ritrova in un paradigma religioso o ideologico, che dà la «certezza» di vivere in piena verità a differenza di tutti gli altri. Ogni paradigma accentua o ignora elementi del sacro, del mýthos e del Lógos, comprendendo in quest’ultimo ogni risvolto filosofico con cui gli uomini hanno creduto di poter prescindere dalla religione. Evidentemente, al generarsi di un nuovo paradigma, c’è un coagulo vincente di idee che si pone come nuovo, con elementi che lasciano alle spalle «i primitivi» e le credenze più rozze, ma non è per nulla detto che sia una evoluzione positiva. Diversa è la storia della Rivelazione nel popolo ebraico e nel cristianesimo. Anche qui non è certo evoluzione, ma progressivo sviluppo della storia della salvezza, secondo un disegno divino, nascosto nei secoli come dice san Paolo, ma ben presente nella sua pienezza nel cuore di Dio.
Oggi è facile leggere di diagnosi sociologiche sulle tendenze dei giovani, come se ci fosse un percorso consequenziale da riconoscere e accettare così com’è. In realtà nascono tante mode o pensieri dovute alla facilità con cui un gruppo di giovani può coagularsi con vincolo primario nuovo, ma con contenuti spesso banali.